Paolo e Francesca dopo Dante

Paolo e Francesca dopo Dante

Carlo Porta, Frammenti di traduzione dall’Inferno, canto V

Leggevem on bell dì per noster spass
i avventur amoros de Lanzellott;
no gh’eva terz incomod che seccass,
stoo per dì s’avarav poduu stà biott;
e rivand in del legg a certi pass                                               5
ne vegneva la faccia de pancott
e i nost oeucc se incontraven, come a dì
perché no pomm fà istess anca mì e ti?

Ma quand semm vegnuu al punt che el Paladin
el segilla a Zenevra el rid in bocca                                          10
cont el pù cald e s’ciasser di basin,
tutt tremant el mè Pavol me né imbocca
vun compagn che ‘l ne fa de zoffreghin.
Ah liber porch, fioeul d’ona baltrocca!
Tira giò galiott che te see bravo:                                            15
per tutt quell dì gh’emm miss el segn, e s’ciavo!

J. L. BORGES, Inferno, V, 129Dejan caer el libro, porque ya saben
que son las personas del libro.
(Lo serán de otro, el máximo,
pero eso qué puede importarles.)
Ahora son Paolo y Francesca,
no dos amigos que comparten
el saber de una fábula.
Se miran con incrédula maravilla.
Las manos no se tocan.
Han descubierto el único tesoro;
han encontrado al otro.
No traicionan a Malatesta,
porque la traición requiere un tercero
y sólo existen ellos dos en el mundo.
Son Paolo y Francesca
y también la reina y su amante
y todos los amantes que han sido
desde aquel Adán y su Eva
en el pasto del Paraíso.
Un libro, un sueño les revela
que son formas de un sueño que fue soñado
en tierras de Bretaña.
Otro libro hará que los hombres,
Sueños también, los sueñen.(de La cifra, 1981)
Lasciano cadere il libro, ormai già sanno che sono i personaggi del libro. (Lo saranno di un altro, l’eccelso, ma ciò ad essi non importa.)
Adesso sono Paolo e Francesca,
Non due amici che dividono
Il sapore di una favola.
Si guardano con incredulo stupore.
Le mani non si toccano.
Hanno scoperto l’unico tesoro:
hanno incontrato l’altro.
Non tradiscono Malatesta
Perché il tradimento richiede un terzo ed esistono solo loro due al mondo.
Sono Paolo e Francesca
ma anche la regina e il suo amante
e tutti gli amanti esistiti
dal tempo di Adamo e la sua Eva
nel parto del Paradiso.
Un libro, un sogno li avverte
che sono forme di un sogno già sognato
nelle terre di Bretagna.
Altro libro farà che gli uomini,
sogni essi pure, li sognino.

Edoardo Sanguineti intervista Francesca da Rimini (voce di Laura Betti). Regia di A Camilleri.

Edoardo Sanguineti “ha “montato” un’intervista impossibile, immaginando di contattare una delle donne più note della Commedia di Dante, opera della quale egli era un appassionato critico: Francesca da Rimini, personaggio che simboleggia per Dante l’imperfezione umana, preda della potenza devastatrice di un amore colpevole, e spesso interpretata dalla critica romantica (De Sanctis, Barbi…) come una sorta di eroina compatita e redenta dall’umana pietà del poeta. Sanguineti qui smitizza Francesca, facendola parlare come una signora della buona società romagnola di oggi: con un registro linguistico familiare, Francesca racconta lo scandalo di provincia che l’ha coinvolta. Il potente e drammatico episodio dantesco si riduce così all’informale racconto della relazione di una bella signora, moglie di un brutto zoppo, col cognato fusto e mascalzone, finché il marito li liquiderà tutti e due, finendo all’ergastolo. Francesca diventa così una Madame Bovary romagnola, vittima delle fantasie dei romanzi francesi o della noia dell’inverno in una città di mare. Sanguineti si comporta come un giornalista di cronache rosa, che Intervista per i suoi ascoltatori la protagonista  di uno scandalo finito in tragedia: gli ingredienti sono quelli caretteristici dei “fattacci” di provincia: l’adulterio, la donna fatale, il cognato bello e mascalzone, il marito deforme che si fa giustizia da sé, finendo In prigione. Il pubblico al quale sembra rivolgersi Sanguineti è quello nazionalpopolare, morbosamente attratto dalle storie di sangue, di tradimento e di vendetta, ben diverso dal lettore che tradizionalmente s’avvicina alla Commedia dantesca. L’intervista è quindi finalizzata alla parodia, al capovolgimento satirico di un noto episodio di alta letteratura italiana, che diventa occasione di un’ironica rilettura da “fotoromanzo”.

 da AA. VV., Nuove interviste impossibili, Milano, Bompiani, 1976, pp. 70-76

SANGUINETI: Pronto? Pronto? Non si sente un accidente.
FRANCESCA: Pronto?
SANGUINETI: Pronto, chi parla?
FRANCESCA: Ma chi cerca, lei, scusi?
SANGUINETI; Parlo con il secondo cerchio?
FRANCESCA: Pronto? Non capisco bene. Mi ripeta, per favore.
SANGUINETI!: Dicevo: parlo con il seconda cerchio?
FRANCESCA: Sì sì, il secondo. Questa linea è sempre così disturbata. Ci deve essere un contatto, credo.
SANGUINETI: Grazie. Senta, io vorrei parlare con il signor Paolo Malatesta.
FRANCESCA: In questo momento è impegnato, e non può venire. Se vuole lasciarmi detto.
SANGUINETI: Veramente, volevo parlare personalmente con lui. Ma lei, scusi, chi è?
FRANCESCA: Sono Francesca.
SANGUINETI?: Francesca come?
FRANCESCA: Francesca da Polenta.
SANGUINETI: Che sarebbe Francesca da Rimini, no?
FRANCESCA: Sì, sposata Rimini, ma nata Polenta.
SANGUINETI: Ah, è fantastico. Credevo fosse la centralinista, lì del cerchio.
FRANCESCA: Facciamo a turno, qui.
SANGUINETI: Come?
FRANCESCA: Facciamo a turno.
SANGUINEI!: Non la sento più. C’è un rumore d’inferno.
FRANCESCA: Per forza. Ah, bene, per fortuna! Be’, senta, prima che ci salti la linea, o che mi voli via la cabina, che cosa devo dirgli, al Paolo?
SANGUINETI: Volevo fargli un paio di domande, soltanto. Però, se lei permette, posso farle anche a lei, in fondo.
FRANCESCA: Dica pure, mi dica.
SANGUINETI: Ma, tanto per incominciare, sa, se volesse parlarci un po’ di lei, un po’ di voi due, non so, per i nostri ascoltatori,
FRANCESCA: Ma, caro signore, Edoardo, che cosa vuole che le dica, io, di noi, di me? È tutta una storia d’amore, la mia, non c’è nient’altro che l’amore, che uno così, un estraneo, mi scusi, sarà magari un lussurioso, anche, ma non la può mica capire, per me. Lui, sì, dico il Paolo, cosa vuole, era uno così gentile, un’anima tanto sensibile, uno che si infiammava come niente. Ha visto la mia personcina, e via, c’è rimasto cerne folgorato, lui. Perché adesso, magari, uno non lo direbbe mica, forse, che mi sono tanto sciupata, ingrassata, ma ero una ragazzuola niente male, io, una volta. Doveva vedermi allora, certo. Io sono di Ravenna, sa, dalle parti delle foci del Po, tanto per dire, non so se le conosce, quelle parti. E sa, lì a Ravenna, mi guardavano tutti. Basta, che è finita come è finita. Uno scandalo. Li avrà letti, no i giornali? Tutte le fotografie in prima pagina, grandi così, un orrore. Insomma, che mi ha fatto fuori mio marito, me con il Paolo, in un colpo solo. Ci sto male ancora adesso, se ci penso. Ma sa, l’onore, diceva lui. Sì, l’onore, brutto zoppo come stava. E poi, vede, mi sono ridotta nata qui, adesso. Una carcerata, Una murata viva, guardi. Che cosa vuole che le dica? Eh? L’amore, l’amore: uno ti ama, e tu lo ami: è giusto, no? E il Paolo era niente male, sa un tipo in gamba, un bell’uomo, che si conservava bene, uno sportivo: sì, dico, un tipo atletico, un fusto. Sono debolezze, sa, ma cosa vuole, io ci ho ancora una mezza cotta, qui per lui. Basta, che ci hanno liquidati tutti insieme. Sa com’è, uniti in vita, uniti in morte. Ma a mio marito gli hanno dato l’ergastolo, a quello, poi. È ancora giù adesso, cerchio non, in fondo: per l’aggravante che eravamo parenti, con la premeditazione. Perché non è mica andata che lui ci pesca , e avanti: no no, caro mio, la premeditazione. Che poi, se ci pensa, era un’aggravante anche per noi, però, lì la faccenda dei parenti, cognato e cognata. Ma anche per lui, però, accidenti. Insomma, è stata una grande passione, dì quelle dì una volta. Io ci piango ancora adesso, lì sopra, guardi. Pronto? Non la sento più niente.

SANGUINETI: No no, dica, che sono qui che l’ascolto, stia tranquilla. Stavo soltanto pensandoci su, intanto. E che mi sono commosso anch’io, sa. Ma senta, signora Francesca, questo amore qui, sì, questa passione, ce lo dica un p’, ai nostri ascoltatori, come va che è incominciata?
FRANCESCA: Eh, che mi tocca sempre raccontarla da capo, ogni volta. Tutti quelli che mi telefonano, sono sempre qui con questa storia: come è incominciata. Anche quelli che mi vengono a trovare, sa, che sono pochi poclii, ormai, perché mi lasciano tanto abbandonata, la gente mi dimentica, un po’ alla volta, vogliono sempre che gli dico come è incominciata. Ma che cosa gliene frega, dico io, – a quelli? E a me. sa, una cosa cosi, che mi rimescola tutti quei ricordi, che sono cose che uno se le vorrebbe seppellire, invece mi fa stare male tanto, glielo dico io, Perché uno si pensa a quando era giovane, lì a Rimini, al mare, che si godeva la sua vita: che giorni che erano quelli, Dio bono… Io ci piango, se ci penso. Mi sente, lei, che piango?
SANGUINETI: Sì sì, avanti, che la sento, dica pure.
FRANCESCA: Be’, sa, dunque, io stavo B in provincia, come le ho detto, a vitellonare con la gente bene: d’estate, iie veniva giù un mucchio, parenti e non parenti, che ce li mettevano lì ella villa. Non so quante camere, il garage per i cavalli, tanti appartamenti ammobiliati, con i tripli servizi, più la dépendance, lo yacht, e il resto. Una confusione, che si faceva gruppo, tra di noi, tirando mattina tutte le sere. Ma il rutto era d’inverno. Niente: sa cosa vuoi dire, niente? E in provincia, E, che cosa si può fare? Teatro, poco: qualche compagnia di giro, tutti guitti, e soltanto ogni tanto. Il cinema, quando ero giovane io, non c’era nemmeno. Insomma, si legge. I soliti romanzi francesi, per forza, tradotti male: quelle edizioni di lusso, non so se ha presente, dei libroni così, con tutte le figure. Basta, io, i romanzi, me li divoravo. Le storie d’amore, naturalmente. Bene, un giorno lì, sotto Capodanno, con un freddo bestia, ero in salotto con il Paolo, che mi stavo sfogliando il Lancillotto, che l’avrà letto anche lei. L’ha letto?
SANGUINETI: Sì sì, mi sembra.
FRANCESCA: Guardi, un gran bel libro, mi creda. Se non l’ha letto, lo legga. Una cosa favolosa. Comunque, non so se si ricorda, quando c’è lì il Lancillotto con la Ginevra, che se la bacia. È una scena da non credere, com’è raccontato bene. E poi là, l’illustrazione: sa quelle edizioni del Settecento, francesi, un po’ spinte. Una che legge, ecco, è come trasportata, che non sa più in che mondo vive, nemmeno. Ci perde la sua testa, ecco. E allora, io sono lì che leggo, dunque, lì con il Paolo, che legge anche lui, e trac, che ci arriviamo B alla scena del bacio, proprio, che lui bacia lei, o che lei bacia lui, non so bene. E quello, sa, quel fusto lì, quello legge lì, e si scalda, poverino. Insomma, che è un uomo è un uomo, dico bene? Mi salta addosso, tutto con l’emozione, che mi trema lì, tutto addosso, appunto. Io, be’, faccio come niente, faccio quella che legge. Ma insemina…
SANGUINETI: Pronto? Pronto?
FRANCESCA: Scusi, sa, è la commozione, è Tonda lì, del ricordo. Ma, cosa vuole, una donna è una donna, no? Ci avevo già la testa tutta in fiamme, io che mi sembrava che ero io, la Ginevra. E lui, davvero, mi sembrava che era il Lancillotto, lui.
SANGUINETI: Pronto?
FRANCESCA: Sì sì, non scappo, aspetti. Che cosa stavo dicendo? Ah, sì, dunque, be’, che cosa potevo fare? Mi faceva degli occhi, e ci aveva certi muscoli, lì che mi stringeva: e una curva lì dell’anca, sa. Non ci avevo più il fiato, io, in gola. E lui, allora, lei mi capisce, insomma, che gli ho detto cosi “Galeotto”.
SANGUINETI: Come ha detto?
FRANCESCA: Ho detto: “Galeotto”.
SANGUINEI!: Ma io credevo, però…
FRANCESCA: Oh, lo so, c’è tutta una storia, sa su questo Galeotto. Se ne raccontano tante. Ho letto anch’io certi giornalisti.
SANGUINETI: Sì, perché dicevano, veramente…
FRANCESCA: Ma no, niente. È al Paolo, che gli ho detto: “Galeotto”, io. Come gliel’ho detto anche dopo, poi, che era un bel mascalzone, lui, che si approfittava così, di una povera donna. Perché a me, l’avrà capito, no, sono i romanzi, alla fine, che mi hanno rovinato, E lì, mio cognato, il Paolo, sa era proprio il tipo che ne approfittava. Se l’aveva capito, lui, che quando sono lì che leggo, io, mi monto la mia testa. E così, lui, è andato a colpo sicuro, capisce.

Paolo e Francesca RAP

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