Dante a scuola

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“Ho qualche dubbio sullo studio di Dante alle scuole superiori…”.
Claudio GiuntaLa Commedia declamata, ”Il Sole 24 ore”. CLICCA QUI.

Troppo Dante? Per seguire il dibattito sulla Lectura Dantis a scuola CLICCA QUI.

Pierantonio Frare, docente di Letteratura italiana nella Facoltà di Scienze della formazione dell’Università Cattolica, Leggere Dante oggi: una necessità, non una moda (da «Ore piccole», III, 9, aprile 2008, pp. 119-24):

“La tradizione delle letture dantesche (o Lecturae Dantis, come si diceva fino a non moltianni fa), affonda le sue radici in un tempo lontano: nel 1373 alcuni cittadini fiorentini (già: proprio i discendenti di quei fiorentini che avevano scacciato Dante: ma i tempi erano
ormai mutati) presentarono al Gonfaloniere di giustizia e ai Priori delle Arti una petizione perché  venisse nominata una persona adatta a leggere “il libro che volgarmente si chiama il Dante”, tutti i giorni, esclusi i festivi. Per questa lettura pubblica, che è la prima di cui si abbia testimonianza, venne scelto Giovanni Boccaccio, ammiratore e cultore di Dante, al quale venne corrisposto un compenso di  cento fiorini d’oro. Come è noto, Boccaccio non poté condurre a termine la sua impresa: dopo circa un  anno, la sua salute malferma lo costrinse a ritirarsi a Certaldo, dove morì nel 1375.
Dopo Boccaccio, la tradizione delle Lecturae Dantis continuò, a intervalli più o meno regolari, in forme  disparate, in località diverse: ma è sempre rimasta viva, fino ai nostri giorni […].

Mi sembra che stiamo assistendo ad un più generale  fenomeno di rinnovata attenzione alla parola: lo testimonia il fatto che si sono moltiplicate, negli ultimi  anni, le pubbliche letture di tante altre opere ed autori, da Omero a Virgilio, da sant’Agostino a Manzoni […]. In tempi di inflazione parolaia, in cui la corrispondenza  della parola con la cosa che essa significa sembra andata persa, in cui le parole sembrano ridotte a etichette che non significano più nulla, in cui si smentisce con protervia e arroganza quel che si è detto un attimo prima, riemerge con maggior forza il bisogno di sentire parole vere, buone e belle. E queste parole, da sempre, sono una prerogativa dei classici, di quegli autori di cui la nostra tradizione letteraria è ricchissima.

E’ tuttavia evidente un altro dato di fatto: che solo la lettura della Commedia ha una forza e una  resistenza che le consentono di durare nei secoli. Iniziative analoghe alla Lectura Dantis sono state proposte anche per altre opere – il Canzoniere di Petrarca, per dirne una sola – ma non hanno resistito all’usura del tempo. Ovvia la conclusione: la Commedia ha delle caratteristiche sue proprie, che rendono possibile ciò che non è possibile per altri testi, cioè la continua ripetizione – che è però un continuo rinnovarsi – di un rito che non riesce mai ad esaurire la vitalità e la ricchezza del testo intorno a cui si celebra. Perché questo avvenga è difficilissimo dire: si tratterebbe nientemeno che di spiegare le ragioni della bellezza della Commedia”.

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